
Vini Naturali e Terroir, un legame inscindibile
11 Giugno 2014
Vini naturali e Terroir: un legame inscindibile
Pollenzo, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche
mercoledì 11 giugno 2014, ore 16.30-17.30
Interverranno Raffaele Bonivento e Luca Fullin di Meteri
Conferenza dal titolo
Vini Naturali e Terroir, un legame inscindibile
– Cosa sono i Vini Naturali?
– “Destrutturare” l’approccio al vino: la soggettivazione dell’esperienza, dal vigneron al consumatore.
– Il rapporto tra vino e terroir nei millenni. Il senso delle Denominazioni.
– Il ruolo delle vigne vecchie, delle fermentazioni spontanee, di un agricoltura a misura umana.
– Le spumantizzazioni ancestrali.
– Brevi cenni alla storia del vini naturali in Europa dagli anni 70 ad oggi. Una controrivoluzione.
– Approfondimento su alcuni terroir ed i loro vitigni e interpreti: Loira e Borgogna, Alsazia e Jura.
Al termine della conferenza è prevista una breve degustazione di 3 vini a tema per gli studenti che si accrediteranno.
L’azienda Meteri prevede che tutti gli studenti che volessero utilizzare la piattaforma www.meteri.it per acquistare vini naturali e di terroir, possano beneficiare di uno sconto dedicato e di condizioni speciali, inviando una mail con il proprio numero di matricola all’indirizzo unisg@meteri.it
Gli atti della Conferenza
Cosa sono i Vini Naturali
I vini naturali sono liquidi odorosi prodotti con limitato intervento tecnologico, da uve mature in territori vocati, da vitigni autoctoni allevati con un’agricoltura a basso impatto, a misura umana. Essi sono rappresentativi del Terroir che esprimono, ne rivelano le caratteristiche all’assaggio ed hanno capacità di nutrire ed emozionare.
Destrutturare l’approccio al vino.
Il mio pensiero è che l’approccio estetico debba tornare ad appartenerci. Da mezzo secolo si compiono grandi sforzi per uniformare il senso del bello e del buono, a tutto vantaggio di una gestione organizzata del gusto. La produzione massiva non si sposa facilmente con un atteggiamento critico e soggettivo di chi consuma: la strategia pare essere quella di “programmare” in ognuno di noi le categorie del gusto e del piacere per poi farci trovare pronto sullo scaffale quello che crediamo di apprezzare e desiderare.
Il primo film di Jonathan Nossiter metteva in risalto con lucidità questo processo contemporaneo: la stampa specialistica decide cosa sia il vino buono, e lo descrive e schematizza in qualcosa che sembra quasi un disegno tecnico; le grandi aziende del vino inseguono questi modelli assoldando tecnici preparati che intervengono nei processi produttivi con ingrendienti e tecnologia per far assomigliare ciascun vino, sempre piu al vino “perfetto”. La triade giornalista-enologo-produttore decide che profumi e che sapore debbano avere tutti i merlot del mondo per poi produrli con successo, quasi tutti uguali, siano essi Cileni, Francesi o Siciliani.
Questo nulla ha a che vedere con quello che il vino è stato per millenni nella cultura dell’uomo.
Ogni vitigno in relazione a ciascun territorio, diversamente per ciascuna stagione, è in grado di darci sensazioni ed esperienze diverse e talvolta sorprendenti. Annullare queste peculiarità alla ricerca del “vino perfetto” è una goffa contraddizione. Prevarrà la noia che può diventare sgradevole se assunta in dosi frequenti.
Il gusto è una categoria soggettiva. Viva i preconcetti individuali! Ognuno di noi ricorderà di una bottiglia “buona” bevuta in una giornata speciale, in un luogo emozionante, con una piacevole compagnia; e di aver poi riassaggiato una seconda bottiglia in un luogo o situazione diversa che non ci ha dato le stesse sensazioni.
Egualmente, l’esperienza verso il piacere gustativo, è composta di molteplici componenti, alcune delle quali sono ben radicate dentro ciascuno di noi.
Riflettiamo sul concetto di “difetto”. Schiere di sommelier ed esperti vari costruiscono decaloghi dei difetti. Un esercito di enologi tiene le redini di tante aziende del vino per correggere quotidianamente i temutissimi “difetti”. Siamo proprio certi che un “difetto” sia necessariamente sgradevole? Proviamo a pensare all’ossidazione per esempio. Essa è un difetto del vino, o un residuo zuccherino anch’esso lo è… in teoria. Avete mai provato la piacevolezza di certi Chenin ossidati o di alcuni Pinot Gris con residuo zuccherino? Liberato lo spirito, assaggiate e interrogatevi. Avete voglia di riberne dopo il primo bicchiere? Questa è la risposta piu importante! La risposta è quello che dice il vostro organismo.
Il Rapporto tra vino e terroir
Terroir è una parola francese non presente nel nostro vocabolario: significa territorio, in senso geografico, climatico, geologico, storico e sociale.
Nella cultura dell’uomo degli ultimi 5.000 anni escludendo l’ultimo quarantennio, il vino è stato interprete del terrroir. Ogni luogo, ogni regione, ogni tradizione ha sviluppato nei secoli il suo vino. Solo nel recente passato si è andati oltre, con la presunzione di superare il terroir per produrre vini internazionali, fatti per rispondere al gusto del cliente piu abbiente, tralasciando l’elemento chiave.
I vini diventano un “progetto” industriale, con tanto di obiettivi e piano di attuazione. Enologi e tecnologia sono al servizio del perseguimento di questi obiettivi. Il profitto d’azienda diventa l’unico fine, al quale tutto si deve sacrificare.
All’inizio è un successo. I giornalisti piu accreditati distribuiscono centesimi, grappoli, bicchieri! È una festa. Il pensiero che si diffonde è che ovunque si possa fare il Vino Perfetto. I produttori spiantano i vigneti ripiantando i vitigni piu alla moda. Sicilia, Puglia, Toscana ma anche Argentina, Cile, Sudafrica sono ripopolate di Chardonnay, Merlot, Cabernet, Pinot Nero.
Le disciplinari si adattano rapidamente. L’industria chimica trova sempre una soluzione per risolvere i problemi di compatibilità tra terroir e vitigni. La genetica progetta cloni adatti alla nuova casa di ciascun vitigno. Le aziende produttrici di lieviti propongono “mix” di sicuro successo per estrarre i profumi che per l’annata precedente han valso premi e riconoscimenti al rivale di turno. E’ una nuova corsa all’oro. Michel Rolland afferma: “riusciremo a fare un vino perfetto anche sulla luna”.
Cosa è successo al terroir? Quale il ruolo di DOC, DOCG, AOC ? Provate a leggerle, del vino dicono poco o niente, son quasi tutte uguali.
Provate a confrontare la DOC Gambellara con la DOC Isonzo Pinot Bianco o Chardonnay…. cosa capite voi del Vino ?
Poi accade qualcosa di prevedibile: l’effetto congestione, la nausea. Chi beve e cerca emozioni inizia a non trovare piu la sorpresa, l’inaspettato, la nota fuori dal coro… Il senso di stanchezza e noia si diffonde, il mercato risponde con la ricerca del miglior prezzo… in effetti, se progettiamo di fare lo stesso vino a Bolzano, a Trapani e in Argentina, il consumatore tra tre prodotti quasi identici sceglierà il “meno caro” o quello con un appeal comunicativo piu forte per fare “bella figura”.
Molte aziende entrano in crisi, gli invenduti occupano le cantine.
Si vuole qualcosa di nuovo. Nasce la moda dei “vini Bio”, detto cosi, altro svarione. Ora basta dire “senza solfiti” e si grida alla bontà. E inizia un nuovo tormentone.
Pensiamo che il ruolo del vino sia quello di accompagnare la tavola, nutrire lo spirito, essere tramite della convivialità.
Il rapporto terroir-vitigno governato dall’uomo, il produttore, accompagnato attraverso la stagione, (altro interprete fondamentale) genera talvolta, esperienze straordinarie. Un consumatore esigente, piu smaliziato e attento, troverà innumerevoli sorprese quando si misurerà con vini prodotti in una onesta e sincera interpretazione del territorio. La diversità! Un termine che poco si sposa con i principi industriali.
Le Vigne Vecchie, le fermentazioni spontanee. L’importanza dell’agricoltura.
Il presupposto di partenza nel mio approccio al vino è la qualità dell’agricoltura. Vigneti vecchi, in contesti di biodiversità, piantati per selezione massale, su suoli ricchi di vita e scambio, in terroir vocati sono necessari per produrre grandi uve.
La vitis vinifera sviluppa ogni stagione tanto apparato radicale quanta parte aerea. Si è compreso che non irrigando artificialmente e non nutrendo il vigneto in modo forzoso con concimi e nutrienti, le radici puntano in profondità. Si potrà intuire che una pianta dopo alcuni decenni avrà radici profonde e ramificate con molteplici benefici: in primis potra accedere agli strati piu profondi del terreno ove attingere l’umidità necessaria anche nei periodi siccitosi, in secundis, un apparato radicale cosi sviluppato avrà accesso a diversi strati geologici a tutto vantaggio di una piu ampia ed articolata capacità di assorbire i minerali dal terreno. Quei minerali che poi, alla degustazione, daranno al vino carattere e complessità.
Uve mature, sane, raccolte a mano produrranno fermentazioni spontanee senza bisogno di interventi e forzature; queste uve una volta vinificate produrranno mosti stabili e poco bisognosi di intervento per proteggerli da fenomeni indesiderati.
La variabile tempo sarà l’elemento determinante per arrivare a vini interessanti e ricchi di personalità ed espressione.
“Bisogna sapere come fare niente” è scritto sulla porta della cantina di Marko Fon, straordinario produttore artigiano del Carso Sloveno.
Certo, se l’annata è sfavorevole, se piogge e umidità settembrine favoriranno marciumi, se le condizioni climatiche non sono le migliori, bisognerà rinunciare a una parte del raccolto per selezionare le uve. Questo produrrà un raccolto minore, con grave ripercussione sull’economia di una piccola azienda. Per questo fare vino in modo responsabile ha un che di “eroico”. E’ necessario vedere il progetto su base decennale e non annuale, bisogna saper soffrire e credere nella propria linea di condotta. Ma negli ultimi dieci anni, chi ha intrapreso questa strada con le idee chiare e una buona convinzione, oggi ha successo. Egualmente, la fermentazione malolattica, se lasciata libera, a volte si svolgerà nello stesso autunno della vendemmia, a volte con i primi caldi a primavera, diversificando il vino di stagione in stagione.
Un terreno inerbito, soffice, poco calpestato da masse pesanti e compattanti come certe macchine agricole, avrà una maggiore permeabilità sia da parte delle acque piovane che dall’ossigeno, consentendo la vita ad una grande varietà di organismi che contribuiscono all’equilibrio del suolo.
Diversamente, un vigneto diserbato e compresso dai trattori innescherà un processo di desertificazione rendendo la superficie compatta e impermeabile, impedendo la vita alla microbiologia sotterranea.
Secondo Claude Bourguignon un suolo lavorato industrialmente e chimicamente impiega 15 anni di agricoltura non invasiva, per ricostruire il proprio equilibrio biologico.
Questo ci permettere di comprendere come un progetto di agricoltura sostenibile e naturale sia un processo di lungo periodo e ci permette di diffidare quando le multinazionali agricole gridano al miracolo biologico dopo la prima stagione di non diserbo!
Le spumantizzazioni ancestrali
La spumantizzazione è per sua natura un processo ancestrale: essa ha radici antiche. Il vino, se costretto in un contenitore stagno, tenderà a sviluppare anidride carbonica se è presente anche una piccola quantità di zucchero residuo e sono vivi dei lieviti in grado di produrre fermentazione.
L’uomo ha imparato a governare questi fenomeni a tutto vantaggio della conservazione dei vini, della bevibilità, della piacevolezza: le bollicine son sempre piaciute!
I vini spumanti contemporanei sono tendenzialmente molto “tecnici”. Essi vengono costruiti con metodi rigorosi, ricorrendo a lieviti selezionati sia nella prima fermentazione che nella rifermentazione in bottiglia. Per favorire quest’ultima si ricorre ad aggiunte di zuccheri che poco hanno a che fare con la materia prima d’origine, l’uva. La sboccatura è anch’essa un passaggio di manipolazione e il “dosaggio” prevede ulteriori aggiunte, da zucchero a liquori ed altri fortificanti.
Gli spumanti ancestrali sono realizzati imbottigliando il mosto ancora ricco di zuccheri residui e con i suoi lieviti. In alternativa, alcune spumantizzazioni prevedono la rifermentazione attivata con mosti congelati o con mosti di uve passite che sono vinificate in primavera. Il presupposto è di non aggiungere zuccheri di origine diversa dall’uva. Per la sboccatura poi esistono due direzioni: la prima prevede di lasciare il vino coi suoi lieviti (sur lie, quindi non sboccato), la seconda prevede invece di eliminare con un processo manuale i lieviti residui e di rabboccare la bottiglia con lo stesso vino prima di ritapparla.
Cenni storici sui vini naturali
Il movimento nasce in Francia per mano di alcuni vignaioli che per primi decidono di non seguire la corrente. Sono Pierre Overnoy in Jura, Claude Courtois in Loira, Marcelle Lapierre in Beaujolais, Gilles Vergè in Borgogna.
Alla loro voglia di indipendenza intellettuale risponde una generazione di produttori che ne seguono le orme, iniziando un percorso che a quel tempo sembrava impossibile: produrre vino senza ricorrere a chimica e tecnologia.
Nasce in francia nel 1983 Le Rouge & Le Blanc, prima rivista sul vino che non pubblica pubblicità di vino. Tra i fondatori Jean Pierre Robinot.
“Il progetto era e rimane di rifiutare la standardizzazione del gusto, con la convinzione che la forza della viticultura francese, e di tutta la viticultura, si trova nella più completa espressione del Terroir”. Dopo 30 anni la rivista è ancora il riferimento europeo per i piccoli produttori impegnati nella rivelazione del terroir.
Negli anni 90 in Italia nasce il progetto Porthos per mano di Sandro Sangiorgi, oggi riconosciuto una delle menti piu autorevoli nel mondo del vino. Porthos è una redazione, una rivista, una scuola itinerante di approccio al vino. Anche Porthos non fa pubblicità alle aziende del vino, per garantire una comunicazione indipendente.
Nascono le prime associazioni in Italia, il Gruppo Vini Veri, Vinnatur e in Francia la Renaissance des Appellations per mano di Nicolas Joly, la Association Vins Naturelles e
la piu estrema Vins S.A.I.N.S (Sans Aucun Intrant Ni Sulfite)
Si sviluppano i primi eventi dedicati, la voglia di dire “esistiamo” cresce. E’ la storia recente, Cerea, Villa Favorita, Vini di Vignaioli a Fornovo (PR) sono le manifestazioni che rappresentano il movimento crescente che conta ormai circa 500 interpreti tra Italia e Francia.
I terroir principali interpreti dei vini naturali
Loira
La Loira è una grande regione vinicola della Francia, meno celebre commercialmente di Borgogna, Bordeaux e Champagne. Forse proprio per questo non ha stimolato l’industria enologica a rinnovare l’intero parco viticolo come è invece praticamente accaduto nei territori piu celebri.
Per questo, in Loira, esistono ancora numerosi vigneti quasi secolari, piantati per selezione massale che hanno straordinario potenziale. Molti vignerons in Loira hanno intrapreso progetti di viticoltura naturale, proprio partendo dal patrimonio che hanno a disposizione.
Anche le cantine sono rappresentative di una tradizione artigianale. Veri e propri cunicoli scavati nella roccia madre calcarea, spesso sotto gli stessi vigneti! Ancora oggi, alcune di queste cantine sono scavate a colpi di piccone.
I principali vitigni sono lo Chenin Blanc, il Sauvignon e il Romorantin per i bianchi, il Cabernet Franc, il Groleau, il Gamay ed il Pineau d’Aunis per i rossi.
Lo Chenin Blanc in particolare è un vitigno dalle infinite possibilità di interpretazione: secco, demisec, dolce da appassimento, spumante, ossidativo… conoscerlo a fondo richiede tanta ricerca, tempo e passione.
Borgogna
La Borgogna ha conosciuto una fortuna che non ha pari nel mondo. Chardonnay e Pinot Noir trovano sulle sue colline l’espressione più nobile e grande. I suoi Gran Cru sono tra i vini piu apprezzati al mondo dai grandi collezionisti. Pur essendo una delle regioni piu duramente oggetto di una viticultura massiva, impianti di selezione clonale, con vigne intensamente trattate e suoli in via di desertificazione, esistono delle celebri eccellenze. A Vosne, il Domaine de la Romanée Conti produce il piu grande pinot nero del mondo da secoli. Il vino è prodotto con metodi naturali e la cura delle uve è assoluta. Recentemente per evitare la compattazione dei terreni è stato reintrodotto l’uso del cavallo per la lavorazione dei suoli.
Vicino a Macon, nel sud della Borgogna, per mano di Gilles e Catherine Vergè, è ancora in produzione una vigna di 128 anni di Chardonnay. Con esclusione di rame e zolfo in quantità molto ridotte, nessun altro tipo di sostanza è utilizzata ne in vigna ne in cantina dagli anni ’80. I vini sono affinati per tempi molto lunghi, anche piu di cinque anni sulle fecce fini in contenitori di ferro smaltato a temperatura controllata, per rivelarne nel modo piu sincero possibile la natura minerale. Questi Chardonnay sono straordinari per espressione del terroir.